Astrologia

Obbligo di informare la controparte degli errori in cui sta per cadere

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Discente: Rossi che nel corso delle trattative contrattuali si avvede che la controparte Bianchi é caduta in un errore (rilevante per lei al fine di decidere sulla convenienza del contratto) deve di ciò avvisarla?

Docente: In via di principio, sì. A questa risposta conducono due articoli, l’articolo 1338 e l’articolo 1337.

L’articolo 1338 ci consente di dire (in via di principio, ripeto) che Rossi deve avvisare Bianchi di quegli errori che giustificherebbero l’annullamento del contratto.

Infatti l’articolo 1338 recita: “La parte che conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza diuna causa d’invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte é tenutaa risarcire il danno da questa risentito per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto

Discente: Però a me sembra che ci sia un differenza, sia pur sottile, tra errore sulla validità del contratto ed errore che giustifica la invalidità del contratto.

Docente: Forse sì, forse hai ragione; però anche se l’art. 1338 si riferisse direttamente solo ai casi di errori cadenti sulla validità del contratto, nulla impedirebbe di applicarlo(in base a un’interpretazione estensiva) anche agli errori che giustificherebbe l’invalidità del contratto.

E vengo al secondo articolo a cui prima mi sono riferito, l’articolo 1337. Questo articolo ci permette di dire che la controparte va avvertita anche degli errori che non giustificherebbero un annullamento del contratto. Infatti l’articolo 1337 recita: “Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”.E non si può dubitare che sia contrario a buona fede, il non avvisare la parte, con cui si sta trattando, di un errore in cui essa sia caduta – questo anche se tale errore non giustificherebbe l’annullamento del contratto (Rossi si accorge che la controparte si appresta a firmare il contratto credendo che la cosa vendutale le sarà consegnata a domicilio, mentre nel contratto é scritto che invece dovrà essere lei ad andare a prenderla – come vedremo tale errore non può considerarsi “essenziale” e quindi giustificare l’annullamento, ciò nonostante…..)

Discente: Però tu prima hai detto che solo in via di principio tali articoli portano a dire che la parte deve avvisare la controparte degli errori in cui sta per cadere; e ciò mi fa pensare che tale principio subisca delle deroghe.

Docente: E infatti é così. L’obbligo diciamo così di informativa sussiste solo:

A) Se si tratta di errore su un fatto e non su un ragionamento. E infatti non si può imporre a Rossi di salire in cattedra e mettersi a insegnare a Bianchi perché sbaglia a pensare così e colà. Faccio un esempio per farti comprendere la differenza tra errore sul fatto e errore sul ragionamento. Esempio: Bianchi dice a Rossi di volergli comprare cento quintali di grano per poi rivenderlo in Argentina, dato che in quel paese c’é stata una grande siccità e quindi la sua popolazione é disposta a pagare lautamente il grano che arriva dall’Italia. Se Bianchi sbaglia nel ritenere che vi sia stata in Argentina una siccità, sbaglia su un fatto. Se Bianchi sbaglia nel dedurre dall’esistenza della siccità un aumento dei prezzi tale da giustificare l’esportazione di grano in Argentina, sbaglia su un ragionamento.

B) L’obbligo di informativa sussiste solose si tratta di un fatto su cuiRossi ha conoscenze certe. Infatti non si può obbligare una parte a dire cose che potrebbero essere errate. Mi spiego anche qui con degli esempi: Bianchi dice a Rossi di volergli comprare quel tal cavallo perché, avendo esso vinto il Gran premio di Parigi, vincerà anche il “gran premio” di Roma. Rossi sa bene che il cavallo non ha mai vinto nessun “gran premio” di Parigi (perché lo ha avuto nelle sue scuderie fin dalla nascita), quindi deve informare Bianchi dell’errore in cui é caduto. Bianchi va da Rossi per comprare quel tal quadro credendolo un “Raffaello”: errore, il quadro é dovuto al pennello di un bravo imitatore di Raffaello e nulla più. Rossi deve dirlo a Bianchi? No, e “no” perché tale sua convinzione egli la trae da una serie di deduzioni (il tocco della pennellata ecc.) – deduzioni che ogni buon intenditore d’arte condividerebbe – ma che in definitiva potrebbero essere errate.

Distinguere tra errore sul fatto ed errore sul ragionamento é importante perché certi studiosi facendo d’ogni erba un fascioescludono dagli errori che giustificano l’annullamento (errori che come vedremo si chiamano “essenziali”) quelli che cadono sui “motivi” (a stipulare il contratto).No, un “motivo” non é altro che un ragionamento (o se preferiamo, un “calcolo”) basato su di un fatto: se l’errore cade sul fatto su cui si basa il ragionamento (il calcolo) può benissimo giustificare, sussistendo le altre condizioni che poi vedremo, l’annullamento. Prova ne é che molti errori che pacificamente giustificano l’annullamento – come, ad esempio, l’errore sulla qualità, sono “fatti” che hanno “motivato” la parte a stipulare il contratto in base a un ragionamento.

Vizi del consenso e incapacità delle parti: premessa

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Docente: Abbiamo visto chegli scambi (di beni con beni, di beni con servizi…..) sono tutelati dal legislatore in quanto ritenuti favorevoli al benessere sociale. Si suppone che Tizio, ricevendo da Caio, in cambio del suo sacco di riso, un sacco di grano, veda aumentare le utilità (la ofelimità) che il suo patrimonio può dare.Tale supposizione ovviamente si fondasul presupposto che le parti abbiano ben calcolata la convenienza dello scambio da loro fatto.

Vi sono però dei casi incuila supposizione che questo sia veramente avvenuto, che la parte abbia veramente fatto un buon calcolo sulla convenienzadel contratto, viene a cadere, risultando che tale calcolo é basato su un errore (spontaneo o causato da un comportamento doloso altrui). Vi sono, poi, degli altri casi in cui risulta, che la parte ha operato il suo calcolo, sì, su elementi da lei esattamente conosciuti, però, diciamo così, anomali: Caio punta la rivoltella contro Tizio e lo minaccia “O mi vendila tua villa per cento o ci rimetti la vita”: Tizio fa il calcolo che é meglio tenersi la vita che ottenere il giusto prezzo della villa e con ciò calcola giustamente la convenienza del baratto propostogli da Caio (la vita contro la villa), ma ciò non giustifica di certo la supposizione che sia conveniente per Tizio(idest, aumenti le utilità che può dare il patrimonio di Tizio) il contratto (vendita della villa per cento) a cui questi appone la sua firma. Infine vi sono dei casi in cui, la supposizione che il contratto stipulato da una parte, da Tizio, aumenti le utilità che il suo patrimonio può dare, viene a mancare di ogni fondamento per laincapacità di Tizio a fare uncalcolo di convenienza serio o fiondato – incapacità in alcuni casi presunta (come nel caso di contratto stipulato da persona interdetta) e in altri casi addirittura provata (casi di così detta incapacità naturale – art. 428).

Discente: E allora?

Docente: E allora il legislatore si trova a dover sbrogliare un pasticcio da cui non se ne può uscire senza danni. E il problema per lui é su chi, su quale delle parti che hanno stipulato il contratto, far ricadere tali danni. Avendo presente che, se ritiene la validità del contratto, tali danni ricadranno sulla parte che ha fatto un calcolo di convenienza viziato, se, invece, annulla il contratto, i danni ricadranno sulla parte che, sulla validità del contratto, ha fatto affidamento(e che, metti, in base a tale suo affidamento ha fatto spese da cui altrimenti si sarebbe astenuta: Tizio ha festeggiata la vendita della villa, poi annullata, con una costosissima crociera).

Discente: Io direi che il legislatore dovrebbe far ricadere i danni sulla parte che con colpa o dolo ha causato il contratto-pasticcio.

Docente: Il criterio di far ricadere il danno su chi lo ha colposamente o, peggio, dolosamente causato, é in effetti un criterio che il legislatore adotta in materia di “risarcimento da fatto illecito – artt. 2043 e seguenti): se l’auto di Tizio cozza contro quella di Caio, il danno (sotto forma di obbligo di risarcimento) viene in effetti fatto ricadere su chi dei due autisti ha per colpa causato l’incidente. Però, tale criterio,il legislatore non lo ritiene accettabile, in via generale, nella materia che qui ci interessa: e infatti vedremo, parlando del vizio del consenso determinato dal c.d. “errore spontaneo” (cioé, non causato da dolo altrui), che il legislatore dà, sì, rilevanza all’errore, ma non dà nessuna rilevanza alla colpevolezza dell’errore. E questo perché in subiecta materia il problema per il legislatore si complica: non si tratta più per lui solo di individuare quale delle parti, coinvolte nel fatto causativo del danno, é presumibilmente la peggiore amministratrice del suo patrimonio (per restringere di questo la consistenza e la quantità,accollandole l’obbligo risarcitorio – come meglio spiegato nella lezione dedicata al “risarcimento da fatto illecito”), ma si tratta soprattutto per lui di adottare una soluzione che non scoraggi le persone ad affrontare il “rischio contrattuale”, in altre parole si tratta soprattutto per lui di “tutelare l’affidamento” (riposto nella validità del contrattoda uno dei contraenti). Ma tutto questo lo vedremo meglio parlando appunto dei vizi del consenso.

Discente: Tu hai detto che in via generale il legislatore non tiene conto della colpevolezza dell’errore, in cui una parte sia caduta.

Docente: Sì, perché, in via eccezionale, egli invece ne tiene conto in materia di compravendita (vedi l’art. 1490 e, sopratutto, l’ultima parte dell’articolo 1491).

Ora però dobbiamo cominciare a parlare della disciplina data in via generale dal legislatore ai “vizi del consenso” (dato alla stipula di un contratto).Non prima però di aver dati alcuni cenni sul problema dell’esistenza, o no, di un obbligo delle parti di avvisare le controparti degli errori in cui stessero per cadere. E infatti,l’inesistenza di un tale obbligo rilevaper escludere la rilevanza della “riconoscibilità” dell’errore (in cui la controparte fosse caduta – “riconoscibilità” che, come vedremo, é un requisito per l’annullabilità del contratto), mentre la sua esistenza rileva per riconoscere alla parte caduta in errore un diritto al risarcimento (e questo anche nei casi in cui, metti per la mancanza del requisito della “essenzialità” dell’errore, non le fosse riconosciuto un diritto all’annullamento del contratto).

E, ancor prima di ciò e cioè subito, sarà opportuno dare lettura di due articoli chiave in subiecta materia, l’articolo 1425 e l’art. 1427 (entrambi posti all’inizio del capo XII intitolato “Dell’annullabilità del contratto”) – e questo perché la loro conoscenza permetterà allo studioso di meglio inquadrare i discorsi che andremo a fare.

Art. 1425 (che porta la rubrica “Incapacità delle parti”): “Il contratto é annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrattare. – E’ parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite dall’art. 428, il contratto stipulatoda persona incapace d’intendere o di volere”.

Art. 1427 (che porta la rubrica “Errore, violenza o dolo”): “Il contraente il cui consenso fu dato per errore, estorto con violenza o carpito con dolo, può chiedere l’annullamento del contrattosecondo le disposizioni seguenti”.

Discente: Un’ultima domanda: perché ritenere l’annullabilità e nonsic et simpliciter la nullità del contratto il cui consenso é viziato?

Docente: Perché quel contratto, non conveniente, al momento della stipula, per Tizio (la parte, che ha espresso un consenso viziato), potrebbe per lui dimostrarsi conveniente in seguito: Tizio ha, sì, venduta la sua splendida villa solo per cento in quanto Caio, con la pistola lo minacciava di bruciargli le cervella, ma ora quella villa, che prima valeva duecento ora vale solo cinquanta: quello che appariva un cattivo contratto, si rivela un ottimo affare: allora perché dichiararlo invalido? Per avvantaggiare quel farabutto di Caio che ora sarebbe ben contento se il contratto venisse annullato? Chiaro, poi, che la decisione, sull’annullabilità o meno, deve essere rimessa alla volontà di Tizio, dato che é lui, alla fin fine,il miglior giudice della convenienza o meno di tenere in vita o no il contratto.

La funzione sociale del contratto

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Docente: Mettiamo il caso: Tizio ha nel suo magazzino novanta quintali di grano: trenta di troppo, perché sessanta basterebbero a sfamarlo; ma nella sua scuderia non ha quel cavallo da corsa, che desidera tanto. Gonzalez, invece, ha tredici cavalli: uno di troppo, perché dodici gli basterebbero, ma, ahimè, non ha nessun sacco di grano per sfamarsi.

La cosa più logica sarebbe che Tizio desse a Gonzalez quei trenta sacchi di grano, che per lui hanno una utilità zero, e Gonzalez desse a Tizio uno dei suo tredici cavalli.

E Tizio avrebbe desiderio di fare questo scambio, ma a ciò non si decide per timore che l’altra parte, Gonzalez, ricevuto il grano, non gli dia il cavallo e, mutatis mutandis, identico timore ha Gonzalez.

E’ a questo punto che interviene lo Stato, dando a Tizio e Gonzalez la sua solenne garanzia: “Coraggio, promettetevi,di dare, l’uno, i sacchi di grano e, l’altro, il cavallo, e io vi dò questa garanzia: se uno di voi non manterrà la sua promessa, io userò tutto il mio potere di coercizione per far sì che, quanto promesso, bon gré mal gré, sia mantenuto”.

Discente: Perché lo Stato si scomoda a intervenire, perché dà questa solenne promessa?

Docente: Perché é suo interesse che la ricchezza nazionale aumenti, e lo scambio dei beni tra Tizio e Gonzalez la fa appunto aumentare.

Discente: A me non sembra: prima dello scambio, ci sono novanta sacchi di grano e, dopo lo scambio, ce ne saranno ancora novanta e, prima, ci sono tredici cavalli e, dopo, ce ne saranno ancora tredici.

Docente: Sì, é vero, ma la ricchezza di una nazione non é data dalla quantità di beni che ha, madalla somma delle utilità che tali beni sono in grado di dare: prima (dello scambio) le utilità che danno i beni in possesso di Tizio sono quattro (mettiamo che appunto quattro siano le utilità chepotrebbero darei sessanta sacchi di grano in possesso a Tizio) + zero (perché zero sono le utilità che danno i residui trenta sacchi); e similmente, prima (dello scambio), sono quattro le utilità che danno i beni posseduti da Gonzalez (mettiamo che appunto quattro siano le utilità che danno i dodici cavalli in possesso a Gonzalez) + zero (perché zero é l’utilità che dà a Gonzalez il residuo tredicesimo cavallo). Quindi, prima (delloscambio), la somma delle utilità che danno i beni posseduti da Tizio e Gonzalez é otto. Dopo lo scambio, le utilità che daranno il grano e il cavallo in possesso di Tizio saranno 4 + 2 (mettendo che due siano le utilità che darebbe a Tizio il suo nuovo acquisto, il cavallo) e, mutatis mutandis, le utilità che daranno i cavalli e il grano in possesso di Gonzalezsarànno 4 + 2 (mettendo che due siano le utilità che darebbero a Gonzalez i trenta sacchi acquistati da Trizio): quindi la nazione, dopo lo scambio, si troverà ad avere beni che danno utilità dodici, mentre prima (dello scambio) aveva beni danti solo utilità otto.

Discente: Capisco. E penso chele parti, Tizio e Gonzalez, una volta che avranno ottenuta dallo Stato quella solenne garanzia di cui sopra si é detto, non esiteranno più a stipulare il contratto, perché completamente tranquillizzate.

Docente: Tranquillizzate, invece, fino a un certo punto, perché tale garanzia non elimina per loro totalmente il “rischio contrattuale”.

Discente: Ma che rischio corre, che cosa ha ad temere, per esempio, Gonzalez, dopo la solenne promessa dello Stato?

Docente: Varie cose ha da temere.

Prima di tutto, Gonzalez ha da temere che lo Stato con tutta la sua vantata forza coercitiva non riesca a costringere Tizio ad adempiere la sua obbligazione; e infatti il potere coercitivo dello Stato ha dei limiti: se una volta ottenuto il cavallo, Tizio non dà il grano promesso, lo Stato che può fare? D’accordo, può mandare un pubblico ufficialea prendere manu militari i trenta sacchi di grano promessi: ma se Tizio fa trovare i suoi granai vuoti e per di più vuoto il suo portafoglio, lo Stato che può fare? nulla!

In secondo luogo Gonzalez ha da temere che….lo Stato si rimangi la promessa fatta

(annulli il contratto, lo dichiari risolto o rescisso, insomma non riconosca più il diritto di Gonzalez ad avere il grano promessigli).

Discente: Ma se lo Stato si rimangerà la sua promessa (annullando, risolvendo il contratto …….) lo farà senza dubbio per delle “buone ragioni”

Docente: Senza dubbio, sì; ma é comprensibile che l’affidamento che Gonzalezriporrà nel fatto che il grano promessogligli venga effettivamente dato, dipenderà dal calcolo che eglifarà, non solo sulla efficienza coercitiva dello Stato (rispetto all’obbligazione assunta dalla sua controparte), ma anche sul numero di “buoneragioni” che potrebbero convincere lo Stato a rimangiarsi la sua promessa (annullando, risolvendo il contratto….). E di questo dovremo ricordarci quando studieremo certi istituti (come l’annullamento del contratto per vizio del consenso, come la risoluzione per eccessiva onerosità….): uno Stato che ha veramente interesse che i beni circolino, che i contratti si facciano e quindi vuole creare nei suoi sudditi l’affidamento che i diritti da loro contrattualmente acquisiti verranno rispettati, in altre parole, lo Stato che vuole “tutelare l’affidamento delle parti” nell’esecuzione del contratto, deve diminuire il numero delle “buone ragioni” che potrebbero portaread azzerare l’efficacia del contratto (mi sia permessa di usare espressioni non giuridicamente corrette al cento per cento, ma credo espressive).